AUTORE: Anna Maria Ortese
PRIMA USCITA: 1958
CASA EDITRICE: La Tartaruga edizioni
PREZZO: 10.80 euro
SINOSSI: sette brani a metà fra racconto e cronaca, istantanee raffinate e attente, raccontano il frastuono e il silenzio di Milano, attraversata dalla stazione alla periferia, in un percorso ideale che partendo dall'ingresso alla città -la stazione- , ce ne allontana gradualmente. Attraverso l'immedesimazione negli sguardi smarriti, nei passi frettolosi, nella preghiera, nello studio e nell'attesa di tutti gli invisibili protagonisti di Milano, l'autrice ci restituisce chiara, ad ogni pagina, l'essenza più bella e più dolorosa di una città ormai vittima dei suoi stessi vizi.
VOTO: 8,2
Milano mai così bella mi era sembrata: in quei giorni di inizio dicembre, era come coglierne d'improvviso una grazia che era sempre stata invisibile al mio cuore abituato ai pregiudizi su Milano. Per le strade mi accompagnava un ragazzo, che molti anni di oblio mi avevano
restituito all'improvviso, e che aveva aggiunto alla sua solarità di siciliano un fascino composito, metropolitano, cauto e franco allo stesso tempo. Scanzonato, come quando studiavamo a Perugia, il suo sorriso lo era ancora, ma Milano era ormai nei suoi gesti sotto forma di nuova, piacevolissima misura. Stregata da questo doppio incontro, andai in una biblioteca a cercare di scoprire tutto quello
che ancora di Milano mi sfuggiva, e presa dalla lettura di una preziosa guida della città, sotto una foto lessi citate alcune parole di "Silenzio a Milano": erano perfettamente aderenti a quelle che erano state le mie impressioni, dovevo assolutamente leggerlo tutto, quel libro.
"Silenzio a Milano" è un libricino minuto, elegante e un po' difficile da trovare, come tutto ciò che è prezioso. La finezza del libro colpisce fin dalla sua confezione: viene spontaneo passare i polpastrelli sulla filigrana spessa del cartoncino di copertina, e l'immagine riportata - in bianco e nero a tutta pagina - mostra sullo sfondo la torre con l'orologio del castello sforzesco, e, in primo piano, un tram fermo a fianco di un signore con un cappotto. E' la Milano degli anni '50, in uno scorcio piuttosto simile a quello odierno, eppure nostalgico nei suoi toni di grigio.
Questo libro è formato da sette brevi pezzi, a suo tempo scritti per un giornale, poi pubblicati in volume per la prima volta nel 1958, e riproposti ancora nel 2004. I sette brani di "Silenzio a Milano" non sono semplici racconti, ma veri e propri ingrandimenti sui molti luoghi pulsanti e meccanici come organi umani, nel grande corpo meneghino. Le parole di Anna Maria Ortese svelano con grazia e dolore i tratti aguzzi e fieri di una città italiana incastonata -forse molto più di tante altre- in luoghi comuni di rara banalità, che ne nascondono la bellezza insolita, e il dignitoso riserbo.
La maggior parte dei racconti è la cronaca di un'avanscoperta della città ad opera della stessa autrice, la quale all'epoca faceva la giornalista, e per quelle occasioni era accompagnata da un fotografo. Ammalia e persuade il suo stile puramente lirico, che restituisce immagini di tale efficacia e nitore, sufficienti da sole
a rendere a Milano tutto ciò che le è stato tolto negli ultimi decenni: la fatica, la prudenza, la spiritualità. Troviamo, nelle assonanze della Ortese, la traduzione in parole del leggero sgomento provato in quell'enorme mausoleo che è la stazione Centrale, e scorgiamo anche intuizioni sibilline, che in questo momento storico suonano come una profezia di Cassandra:
"Grandi e mostruosi idoli usciti dal cervello dell'uomo
hanno riempito il cielo e coperto gli orizzonti d'erba.
Si costruisce febbrilmente, si elevano cattedrali ai nuovi dèi:
la produzione, il guadagno, una felicità apparente dominano.
Sotto tutto questo riposano la memoria e la bontà dell'uomo."
(Una notte nella stazione)
In altri casi la giornalista si fa da parte e narra le vicende metropolitane dei vinti di Milano, gli abitanti di una periferia sempre più lontana dalla città: un tassista si chiede perché mai loro siano risospinti da una Milano che cresce non si sa per chi, dato che gli abitanti vengono buttati fuori:
"Ma chi c'è nella città? E' forse stata venduta? Per chi costruiscono?"
(La città è venduta)
A volte, il racconto della Ortese arriva ad una tale suggestione descrittiva, che dalla rappresentazione di un dettaglio si riesce a ricomporre l'anima intera di un luogo. A volte il narrato passa esclusivamente attraverso gli occhi dell'autrice, e diventa l'esatto ritratto della linea d'orizzonte milanese, e, grazie alla profonda capacità della Ortese di cogliere il senso dell'architettura, dalle parole si ricompongono esatte la pietà e la ferocia di certe costruzioni moderne, come le case albergo, che passano senza soluzione di continuità dall'assistenzialismo alla detenzione, dalla protezione all'oppressione:
"Invisibile, su ciascuna porta, c'è un cartellino che invita il personale
a tenere d'occhio quel professionista o artista o insegnante: la ragazza col golfino
e la signora coi capelli quasi bianchi, lo studente negro e il vecchio pensionato.
Tutti probabili contravventori della legge, la legge della grande città industriale
e medioevale insieme, affarista ed ascetica , spregiudicata e prudentissima,
che dovunque sospetta un'infrazione alla regola, all'ordine stabilito;
e consiglia continuamente il silenzio, predica incessantemente il silenzio;
dispone senza stancarsi la condizione prima del silenzio: la solitudine."
(Le piramidi di Milano)
Infine, la Ortese sparisce del tutto, e seppure narra ancora in terza persona, si fa punto di vista di una strana, infelice coppia: fratello e sorella, i Sanipoli, Masa e Alberto, orfani di un padre morto in un forno che scioglie l'acciaio, e di una madre che non ha retto alla perdita del marito. Genitori semplici e gran lavoratori, dai quali fratello e sorella hanno ereditato lo spirito di adattamento, il senso del dovere, il pensiero pratico e la cristiana fratellanza, religiosa più che emotiva, dogmatica più che affettuosa. Masa e Alberto sono:
"figli della dura vita, della fosca e scialba Milano, figli rassegnati,
figli obbedienti, figli muti per sempre, col cuore pieno di cose
e un alto cancello davanti alla mente che gli impediva di uscire,
di essere, di manifestarsi, di piangere, di parlare."
(Lo Sgombero)
Una silenziosa coppia simbiotica che resta ammaliata e scottata dal fascino di un torinese colto, passionale e politico, che però, quando il partito comunista dai fatti di Ungheria in poi rivela tutta la prpria violenza, perde tutta la sua vitalità, si ammala di vergogna e sparisce, indurendo ancora di più la già grave Masa, e lasciando Alberto col dubbio che per non diventare usurpatori, come tutti gli altri, non basta essere comunisti, ma serve qualcosa di più delicato, come il rispetto dei Sanipoli. Rispetto che però rende persone senza valore, perdenti, perché in un mondo in cui anche i più alti monumenti vengono costruiti con ossa e sangue umani, i Sanipoli non combattono mai contro l'uomo.
"Silenzio a Milano" è un testo degli anni d'oro della letteratura italiana, dei tempi in cui i giornalisti erano veri scrittori e gli intellettuali venivano coinvolti massicciamente nell'industria editoriale, rendendo possibile quel fenomeno culturale vasto vario e vivace che fu il neorealismo, stimolato da una libertà di stampa a lungo preclusa dal fascismo. Anna Maria Ortese è, insieme ad Elsa Morante, la grande personalità femminile della letteratura italiana del secondo Novecento, ma, come la Morante, sconta la popolarità assoluta dei suoi contemporanei uomini: Calvino, Pavese e Moravia. Forse anche questo destino è coerente con l'avvenenza riservata e schiva che caratterizzò la Ortese in vita. O, più probabilmente, da quando abbiamo deciso di sacrificare la cultura, abbiamo anche smesso di riconoscerli certi tesori, tanto più se sono frutto del lavoro di una donna.
E questo, non è certo un male recente.
Ma la bellezza, a volte è segreta persino al tempo; eppure il caso non riesce mai a tenerla nascosta troppo a lungo, e allora un giorno, all'improvviso, questa bellezza ce la ritroviamo davanti, e basta già la prima occhiata per comprenderne la pienezza e la perfezione.